Di come Daredevil mi rese un casualone

Buonasera, mi chiamo Valerio Paccagnella e sto per esprimermi su Daredevil: Born Again.

Nota bene: il tutto senza aver mai visto mezzo episodio del Daredevil di Netflix, né delle numerose serie ancillari appartenenti al miniprogetto Defenders.

Possibile questa cosa? Per uno con i miei parametri di fruizione?

A quanto pare sì. Ma andiamo con ordine.

C’è stato un tempo in cui Marvel Television amava fare il controcanto ai Marvel Studios di Kevin Feige, realizzando serie tv più o meno vagamente collegate al progetto MCU. Per esempio Agents of S.H.I.E.L.D e Agent Carter per la ABC, oppure Daredevil per Netflix, che a sua volta aveva generato una sorta di universo nell’universo fatto di serie ad essa collegate (Jessica Jones, Luke Cage, Iron Fist, The Defenders, The Punisher). Della serie base si parlò un gran bene, delle altre… bé, molto meno, al punto che per molte persone – me compreso – la loro massa costituì un bel deterrente.

Poi c’è stato un altro tempo. L’epoca Disney+, nella quale i Marvel Studios di Kevin Feige presero il sopravvento, chiudendo Marvel Television e occupandosi in prima persona delle serie tv per Disney+. Più che serie sembravano miniserie, dei maxi-film da sei episodi, con stili eccentrici che riflettevano l’anima sperimentale del MCU del periodo. La parola d’ordine sembrò essere quella di distanziarsi da quanto prodotto prima, facendo sentire lo stile Marvel Studios. Le vecchie serie tv entrarono in un’area di canonicità dubbia: attori, personaggi ed elementi potevano essere ripresi, forse, ma in modo ambiguo, senza sconfessare il passato ma senza nemmeno citarlo apertamente. Fu in quel periodo che si iniziò a lavorare a questa “quarta” stagione di Daredevil, che sarebbe dovuta però sembrare una “seconda prima stagione”, un soft reboot e un entry point per i fruitori del MCU “duro e puro” di Feige.

Ma alla fine eccoci nel terzo tempo, l’epoca attuale. Quella della marcia indietro. Il nuovo approccio non è piaciuto, se non a me e a pochi altri. Ci sono stati disagi produttivi, flop, sconquassi vari e il MCU si è sfilacciato e inquinato. E in questo suo sfilacciarsi ecco sorgere un nuovo rispetto per tutte le iterazioni del materiale Marvel pre-MCU: X-Men, Spiderman, animazione varia. E ovviamente ecco di nuovo il materiale Netflix. La nuova serie di Daredevil è stata corretta in corsa nel tentativo di riagganciarsi quanto possibile a quel passato che si era cercato di rendere opzionale. Mossa anche giusta, ma non il genere di cosa che ha aumentato il mio interesse.

In altri tempi e con altri modi questo mi avrebbe spinto ad un recuperone massiccio di tutto il materiale Defenders, ma stavolta è stato troppo. Credo nel completismo ma alla terza volta che mi cambi sotto il naso le regole del gioco, per giunta mentre la partita è in corso, ti dico “grazie, ma no grazie.” Forse in futuro, ma per adesso ho scelto di godermi Daredevil: Born Again secondo il codice precedente, facendone quindi il mio entry point casualone.

Risultato: me lo sono abbastanza goduto. Dico abbastanza perché il prodotto è in realtà uno strano ibrido tra un soft reboot e una regolare nuova stagione, e questo si sente. Il grosso dei riferimenti al passato sta all’inizio e alla fine, nel mezzo si percepisce aria di nuovo status quo. Anche il tono è ibrido, si avverte quella patina di serietà e di denuncia sociale che aveva fatto amare la serie madre, ma poi del tutto a caso a metà serie c’è un episodio autoconclusivo con un team up tra Matt e… il padre di Ms. Marvel. Il fatto che questo trancio di nove episodi rimandi necessariamente a una seconda stagione (e chissà a cos’altro) ci dice inoltre che dalla logica delle miniserie si è tornati ad un approccio profondamente seriale, dedicato a chi già era fan di quel genere di cosa. Ci sarà chi ne sarà felice, ma per chi come me era fan dell’esperienza MCU e ricerca compattezza e una parvenza di progettualità generale qualcosa si è sicuramente perso, forse per sempre.